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Infortuni durante un trekking: prevenirli e curarli

immagine di un uomo che ha subito la slogatura di una caviglia

Il trekking rappresenta una delle attività outdoor più gratificanti e accessibili, capace di regalare esperienze indimenticabili a contatto con la natura. Tuttavia, come ogni attività fisica praticata in ambienti naturali, comporta dei rischi che è fondamentale conoscere e saper gestire. Comprendere gli infortuni più comuni che possono verificarsi durante un’escursione non significa scoraggiarsi dall’intraprendere quest’attività, ma piuttosto prepararsi adeguatamente per viverla in sicurezza e con maggiore consapevolezza.

La prevenzione degli infortuni inizia molto prima di calzare gli scarponi: parte dalla pianificazione dell’escursione, passa attraverso la scelta dell’equipaggiamento appropriato e si completa con la conoscenza delle tecniche di primo soccorso. Ogni escursionista responsabile dovrebbe possedere queste competenze di base, non solo per la propria sicurezza, ma anche per poter aiutare eventuali compagni di avventura in difficoltà.

1. Distorsioni della caviglia: l’infortunio più frequente sui sentieri

La distorsione della caviglia rappresenta l’infortunio più comune tra gli escursionisti, costituendo circa il 40% di tutti gli incidenti registrati sui sentieri. Questo tipo di lesione si verifica quando l’articolazione della caviglia viene forzata oltre il suo normale range di movimento, causando lo stiramento o la rottura dei legamenti che la stabilizzano.

Le cause principali delle distorsioni durante il trekking sono molteplici e spesso interconnesse. I terreni irregolari, caratterizzati da rocce, radici affioranti, buche nascoste o superficie scivolosa, rappresentano il fattore di rischio primario. La stanchezza muscolare, che si accumula durante lunghe camminate, riduce la capacità di reazione e la stabilità dell’articolazione. Inoltre, calzature inadeguate o usurate possono compromettere significativamente la stabilità del piede, aumentando il rischio di movimento anomalo della caviglia.

Per prevenire le distorsioni della caviglia, è essenziale investire in calzature di qualità specifiche per il trekking. Gli scarponcini devono offrire un buon supporto alla caviglia, una suola con grip adeguato al tipo di terreno e un fit perfetto al piede. È importante che siano già rodati prima dell’escursione per evitare punti di pressione e vesciche. L’utilizzo di bastoncini da trekking rappresenta un ausilio fondamentale per mantenere l’equilibrio e ridurre il carico sulle articolazioni degli arti inferiori.

La tecnica di camminata riveste un ruolo cruciale nella prevenzione. Bisogna mantenere sempre l’attenzione sul terreno, pianificare i passi in anticipo e adattare l’andatura alle condizioni del sentiero. Nei tratti più impegnativi, è consigliabile rallentare e procedere con movimenti controllati, testando la stabilità del terreno prima di trasferire completamente il peso sul piede.

Quando si verifica una distorsione, è fondamentale applicare immediatamente il protocollo R.I.C.E.: Rest (riposo), Ice (ghiaccio), Compression (compressione) ed Elevation (elevazione). Il riposo immediato previene ulteriori danni ai tessuti lesionati. L’applicazione di ghiaccio o di acqua fredda per 15-20 minuti riduce l’infiammazione e il dolore. La compressione con una benda elastica limita il gonfiore, mentre l’elevazione dell’arto favorisce il drenaggio dei liquidi.

2. Vesciche: piccole ma insidiose compagne di viaggio

Le vesciche ai piedi rappresentano un problema apparentemente minore ma che può compromettere seriamente il piacere e la sicurezza di un’escursione. Si formano quando si crea attrito ripetuto tra la pelle e la calzatura, causando il distacco degli strati superficiali dell’epidermide e l’accumulo di liquido sieroso nello spazio così formato.

Le cause principali delle vesciche sono riconducibili a calzature inadeguate, sia per taglia che per forma del piede. Scarpe troppo strette o troppo larghe creano punti di pressione e attrito. Anche calze di materiale inadatto, come il cotone che trattiene l’umidità, o la presenza di pieghe e cuciture possono favorire la formazione di vesciche. L’umidità eccessiva del piede, dovuta a sudorazione o infiltrazioni d’acqua, ammorbidisce la pelle rendendola più vulnerabile all’attrito.

La prevenzione delle vesciche inizia con la scelta accurata delle calzature. È fondamentale provarle nel pomeriggio, quando i piedi sono leggermente gonfi, e accertarsi che ci sia spazio sufficiente per il movimento delle dita. Le calze devono essere di materiale sintetico o merino, che trasportano l’umidità lontano dalla pelle. Molti escursionisti esperti utilizzano il sistema a doppio strato, indossando calze sottili in materiale sintetico sotto calze più spesse, per ridurre l’attrito diretto sulla pelle.

L’utilizzo di nastri preventivi o cerotti specifici nelle zone a rischio può prevenire efficacemente la formazione di vesciche. Questi prodotti vanno applicati prima dell’escursione nelle aree dove si è già sperimentato attrito in passato. È importante anche mantenere i piedi asciutti, cambiando le calze se necessario e utilizzando polveri assorbenti specifiche.

Quando si forma una vescica, il trattamento dipende dalle sue dimensioni e dallo stato. Le vesciche piccole e intatte vanno protette con cerotti specifici senza bucarle, per evitare infezioni. Le vesciche grandi e dolorose possono essere drenate con un ago sterile, mantenendo la pelle sovrastante come protezione naturale. Dopo il drenaggio, è essenziale applicare una pomata antibiotica e coprire con un cerotto sterile.

3. Crampi muscolari: quando il corpo dice basta

I crampi muscolari sono contrazioni involontarie e dolorose dei muscoli che colpiscono frequentemente gli escursionisti, specialmente durante sforzi prolungati o in condizioni climatiche particolari. Questi spasmi possono interessare diversi gruppi muscolari, ma sono più comuni nei polpacci, nei quadricipiti e nei muscoli del piede.

Le cause dei crampi durante il trekking sono molteplici e spesso correlate. La disidratazione rappresenta il fattore scatenante più comune, poiché l’acqua è essenziale per il corretto funzionamento delle cellule muscolari. La perdita di elettroliti, in particolare sodio, potassio e magnesio, attraverso la sudorazione, compromette l’equilibrio chimico necessario per la contrazione muscolare. La fatica muscolare, risultato di sforzi prolungati o intensi, può portare all’accumulo di metaboliti che interferiscono con la funzione muscolare normale.

La prevenzione dei crampi richiede un approccio olistico che inizia con un’adeguata preparazione fisica. Un allenamento graduale e specifico per il trekking migliora la resistenza muscolare e riduce il rischio di affaticamento precoce. È fondamentale mantenere un’idratazione costante durante l’escursione, bevendo piccole quantità d’acqua regolarmente piuttosto che grandi quantità sporadicamente.

L’integrazione di elettroliti assume particolare importanza durante escursioni lunghe o in condizioni di caldo intenso. Bevande isotoniche specifiche per l’attività sportiva o integratori salini possono aiutare a mantenere l’equilibrio elettrolitico. È importante anche pianificare pause regolari per permettere ai muscoli di recuperare e prevenire l’accumulo eccessivo di fatica.

Quando si manifesta un crampo, è essenziale interrompere immediatamente l’attività e procedere con lo stretching del muscolo interessato. Per i crampi al polpaccio, si può appoggiare le mani a una parete o a una roccia e stendere la gamba interessata all’indietro. Il massaggio delicato del muscolo contratto può aiutare a rilassarlo. L’applicazione di calore, quando possibile, favorisce il rilassamento muscolare, mentre l’assunzione di liquidi con elettroliti aiuta a ristabilire l’equilibrio chimico.

4. Ipotermia: quando il freddo diventa pericoloso

L’ipotermia rappresenta una delle emergenze mediche più serie che possono verificarsi durante un’escursione, specialmente in montagna o in condizioni meteorologiche avverse. Si verifica quando la temperatura corporea scende sotto i 35°C, compromettendo il normale funzionamento degli organi vitali. Questa condizione può svilupparsi gradualmente e passare inosservata nelle fasi iniziali, rendendola particolarmente insidiosa.

I fattori che predispongono all’ipotermia durante il trekking sono numerosi e spesso si combinano tra loro. Le condizioni meteorologiche avverse, come temporali, vento forte, nebbia o neve, aumentano significativamente la dispersione di calore corporeo. L’abbigliamento inadeguato, in particolare l’uso di materiali come il cotone che trattiene l’umidità, compromette l’isolamento termico. La stanchezza e la disidratazione riducono la capacità del corpo di produrre calore attraverso l’attività muscolare.

La prevenzione dell’ipotermia si basa sul principio del layering, ovvero l’utilizzo di più strati di abbigliamento che possano essere facilmente aggiunti o rimossi in base alle condizioni. Il primo strato, a contatto con la pelle, deve essere in materiale sintetico o merino per allontanare l’umidità. Il secondo strato fornisce isolamento termico, mentre il terzo strato protegge da vento e precipitazioni. È fondamentale portare sempre abbigliamento di ricambio e protezione impermeabile, anche se le previsioni meteorologiche sono favorevoli.

L’alimentazione gioca un ruolo cruciale nella prevenzione dell’ipotermia. Il corpo ha bisogno di calorie per produrre calore, quindi è importante consumare pasti regolari e spuntini energetici durante l’escursione. Le bevande calde possono fornire calore immediato e comfort psicologico, mentre è essenziale evitare alcol e caffeina in eccesso, che possono compromettere la termoregolazione.

I sintomi dell’ipotermia si manifestano progressivamente e possono essere suddivisi in fasi. Nella fase iniziale, si osservano brividi incontrollabili, pelle pallida e fredda, e perdita di destrezza manuale. Con il peggioramento, compaiono confusione mentale, difficoltà nel parlare, movimenti goffi e rallentamento del battito cardiaco. Nelle fasi avanzate, i brividi cessano paradossalmente, il paziente può manifestare comportamenti irrazionali e perdere conoscenza.

Il trattamento dell’ipotermia richiede un intervento immediato e delicato. È essenziale riparare la persona dal freddo e dall’umidità, sostituire gli abiti bagnati con quelli asciutti e fornire isolamento termico. Il riscaldamento deve essere graduale e concentrato sul tronco, evitando il riscaldamento diretto delle estremità che potrebbe causare shock. Le bevande calde e zuccherate possono essere utili se la persona è cosciente e in grado di deglutire. Nei casi severi, è necessario richiedere immediatamente soccorso medico.

5. Colpo di calore: quando il sole diventa nemico

Il colpo di calore rappresenta l’opposto dell’ipotermia ma non è meno pericoloso. Si verifica quando il sistema di termoregolazione del corpo non riesce più a mantenere la temperatura corporea entro limiti normali, portando a un innalzamento critico che può superare i 40°C. Questa condizione è particolarmente frequente durante escursioni estive in ambienti caldi e umidi, dove la capacità di disperdere calore attraverso la sudorazione è compromessa.

I fattori di rischio per il colpo di calore durante il trekking includono l’esposizione prolungata al sole, l’attività fisica intensa in condizioni di caldo e umidità elevati, e la disidratazione. L’abbigliamento inadeguato, troppo pesante o di colore scuro, può peggiorare la situazione trattenendo il calore corporeo. Anche fattori individuali come l’età, la condizione fisica, e l’assunzione di alcuni farmaci possono aumentare la suscettibilità al colpo di calore.

La prevenzione del colpo di calore richiede una pianificazione accurata dell’escursione. È consigliabile evitare le ore più calde della giornata, programmare partenze all’alba e pause durante le ore centrali in zone ombreggiate. L’abbigliamento deve essere leggero, di colore chiaro e traspirante, con particolare attenzione alla protezione della testa e del collo. L’utilizzo di crema solare ad alto fattore di protezione previene le scottature che comprometterebbero ulteriormente la termoregolazione.

L’idratazione assume un’importanza cruciale nella prevenzione del colpo di calore. È necessario bere abbondantemente prima, durante e dopo l’escursione, non aspettando la sensazione di sete. L’acqua fresca è generalmente sufficiente per escursioni brevi, mentre per quelle più lunghe è consigliabile integrare con bevande contenenti elettroliti. È importante monitorare costantemente il colore dell’urina come indicatore dello stato di idratazione: dovrebbe essere chiara o leggermente gialla.

I sintomi del colpo di calore si manifestano progressivamente e richiedono un riconoscimento tempestivo. Inizialmente si possono osservare sudorazione eccessiva, debolezza, nausea e mal di testa. Con il peggioramento, la sudorazione può paradossalmente cessare, la pelle diventa calda e secca, e compaiono confusione mentale, vertigini e vomito. Nei casi più gravi, si può verificare perdita di coscienza e convulsioni.

Il trattamento del colpo di calore richiede un raffreddamento immediato e aggressivo. È essenziale spostare la persona in un luogo fresco e ombreggiato, rimuovere l’abbigliamento in eccesso e applicare impacchi freddi su collo, ascelle e inguine, dove i vasi sanguigni sono più superficiali. L’immersione in acqua fredda, quando possibile, rappresenta il metodo più efficace di raffreddamento. È fondamentale monitorare costantemente lo stato di coscienza e richiedere soccorso medico immediato nei casi gravi.

6. Mal di montagna: quando l’altitudine fa la differenza

Il mal di montagna, o malattia acuta da altitudine, è una condizione che può colpire chiunque salga rapidamente a quote superiori ai 2500 metri. Si verifica quando l’organismo non riesce ad adattarsi tempestivamente alla diminuzione della pressione atmosferica e della concentrazione di ossigeno caratteristiche delle alte quote. Questa condizione può manifestarsi in forme diverse, dalla più lieve sindrome acuta da montagna fino alle forme più severe come l’edema polmonare e cerebrale d’alta quota.

I fattori che influenzano lo sviluppo del mal di montagna includono la velocità di salita, la quota raggiunta, la durata della permanenza in quota, e la suscettibilità individuale. Alcune persone sono geneticamente predisposte a sviluppare questa condizione, mentre altri fattori come l’età, il sesso, e la condizione fisica generale possono influenzare la gravità dei sintomi. È importante sottolineare che essere fisicamente allenati non garantisce protezione dal mal di montagna.

La prevenzione del mal di montagna si basa principalmente su una salita graduale e programmata. La regola d’oro è non salire più di 300-500 metri al giorno sopra i 2500 metri, e programmare giorni di riposo ogni 600-900 metri di dislivello. Questo permette all’organismo di attivare gradualmente i meccanismi di compensazione, come l’aumento della frequenza respiratoria e cardiaca, e la produzione di globuli rossi aggiuntivi.

L’idratazione assume particolare importanza in quota, dove la perdita di liquidi attraverso la respirazione è aumentata a causa dell’aria secca. È consigliabile bere abbondantemente, evitando alcol e limitando la caffeina. L’alimentazione deve essere ricca di carboidrati, che richiedono meno ossigeno per essere metabolizzati rispetto a grassi e proteine. È importante anche proteggere la pelle dall’intenso irraggiamento solare tipico delle quote elevate.

I sintomi del mal di montagna si manifestano tipicamente 6-24 ore dopo l’arrivo in quota. Nella forma lieve, si osservano mal di testa, nausea, perdita di appetito, debolezza e disturbi del sonno. Con l’aggravarsi della condizione, possono comparire vomito, vertigini, difficoltà di coordinazione e confusione mentale. Le forme gravi, come l’edema polmonare e cerebrale, presentano sintomi più allarmanti come difficoltà respiratoria, tosse con sangue, grave alterazione dello stato mentale e perdita di coordinazione.

Il trattamento del mal di montagna dipende dalla gravità dei sintomi. Nelle forme lievi, può essere sufficiente interrompere la salita e riposare alla quota raggiunta, utilizzando farmaci da banco per il mal di testa e la nausea. Nei casi più gravi, è essenziale scendere immediatamente di quota, anche di soli 500-1000 metri, il che spesso porta a un miglioramento significativo. L’ossigeno supplementare, quando disponibile, può fornire sollievo temporaneo ma non sostituisce la discesa.

7. Tagli e abrasioni: ferite superficiali ma non trascurabili

I tagli e le abrasioni rappresentano infortuni molto comuni durante le escursioni, causati dal contatto con rocce affilate, rami, spine o dalla caduta su superfici ruvide. Sebbene spesso superficiali, questi tipi di lesioni non devono essere sottovalutati, poiché possono facilmente infettarsi in ambiente naturale e compromettere la sicurezza dell’escursione.

Le cause più frequenti di tagli e abrasioni durante il trekking includono il contatto con vegetazione spinosa, rocce affilate, l’uso improprio di attrezzi come coltelli o piccozze, e le cadute su terreni irregolari. La stanchezza e la disattenzione aumentano significativamente il rischio di questo tipo di infortuni, così come l’abbigliamento inadeguato che non fornisce protezione sufficiente alla pelle.

La prevenzione di tagli e abrasioni si basa principalmente sull’uso di abbigliamento protettivo appropriato. Pantaloni lunghi e maniche lunghe offrono protezione dalla vegetazione e dalle rocce, mentre guanti specifici per il trekking proteggono le mani durante l’uso di bastoncini o nel caso sia necessario appoggiarsi a rocce o alberi. È importante mantenere sempre l’attenzione sull’ambiente circostante e procedere con cautela in terreni particolarmente insidiosi.

Quando si verifica un taglio o un’abrasione, è fondamentale procedere immediatamente con la pulizia della ferita. Bisogna lavare accuratamente le mani prima di toccare la lesione, poi irrigare abbondantemente con acqua pulita per rimuovere detriti e contaminanti. L’uso di soluzioni disinfettanti specifiche aiuta a ridurre il rischio di infezione. È importante esaminare attentamente la ferita per verificare la presenza di corpi estranei che potrebbero richiedere rimozione.

Dopo la pulizia, la ferita deve essere coperta con una medicazione sterile per proteggerla da ulteriori contaminazioni. Per tagli più profondi, può essere necessario avvicinare i bordi della ferita con cerotti specifici o strips di sutura. È importante monitorare la ferita durante l’escursione per segni di infezione come rossore, gonfiore, calore o secrezione purulenta. In caso di ferite profonde o estese, o se si sospetta un’infezione, è necessario interrompere l’escursione e cercare assistenza medica.

L’importanza del kit di primo soccorso e della preparazione

Un kit di primo soccorso ben organizzato e la conoscenza delle tecniche di base rappresentano elementi fondamentali per la sicurezza durante le escursioni. Il kit deve essere personalizzato in base al tipo di escursione, al numero di partecipanti, e alle condizioni previste, ma dovrebbe sempre includere elementi essenziali per il trattamento dei principali infortuni.

Il kit di primo soccorso per trekking dovrebbe contenere materiale per la medicazione di ferite, inclusi cerotti di varie dimensioni, bende elastiche, garze sterili, nastro adesivo medico, e soluzioni disinfettanti. Per il trattamento del dolore e dell’infiammazione, è utile includere farmaci da banco come paracetamolo e ibuprofene. Termometro, forbici mediche, pinzette, e guanti in lattice completano la dotazione di base.

La preparazione teorica e pratica è altrettanto importante dell’equipaggiamento. Tutti gli escursionisti dovrebbero conoscere le tecniche di base del primo soccorso, inclusa la valutazione primaria del paziente, il trattamento di ferite, e il riconoscimento dei segni di emergenza. Corsi specifici di primo soccorso in ambiente naturale forniscono competenze preziose per gestire situazioni di emergenza lontano dai soccorsi tradizionali.

La sicurezza come compagna di viaggio

La conoscenza degli infortuni più comuni durante il trekking e delle relative tecniche di prevenzione e trattamento rappresenta un investimento fondamentale per ogni escursionista. Questa preparazione non deve scoraggiare dalla pratica di questa meravigliosa attività, ma piuttosto fornire gli strumenti per viverla in modo più consapevole e sicuro.

La prevenzione rimane sempre la strategia più efficace: una pianificazione accurata, l’equipaggiamento appropriato, la preparazione fisica adeguata, e la conoscenza dell’ambiente possono ridurre significativamente il rischio di infortuni. Quando questi si verificano, una risposta tempestiva e corretta può fare la differenza tra un episodio fastidioso e un’emergenza seria.

Ricordiamo che la montagna e la natura in generale richiedono rispetto e umiltà. Non esistono escursioni prive di rischi, ma esistono escursionisti preparati e consapevoli che sanno come minimizzare questi rischi e gestire le situazioni di emergenza. La sicurezza deve sempre essere la priorità principale, perché solo così il trekking può continuare a regalare le emozioni e le soddisfazioni che lo rendono una delle attività outdoor più amate e praticate.